Amatrice ed Antrodoco in visita sui luoghi di Fosco Maraini. Un fine settimana faticoso ma molto bello ed interessante sotto ogni aspetto. Un weekend all’insegna dell’Amicizia e della scoperta di storie, uomini, cime ed abissi.
“Da dove viene il marmo: Apuane, la rivelazione perenne
Di Ines Millesimi (CAI Amatrice)
Un fine settimana dedicato allo scrittore, fotografo, alpinista Fosco Maraini (1912 -2004), che concentrò parte della sua vita a conoscere a fondo le culture dell’Estremo Oriente quando di esse in Italia si sapeva pochissimo. Le sezioni vicine del CAI di Antrodoco e di Amatrice si sono incontrate in Garfagnana (Lucca) con le sezioni di Castelnuovo di Garfagnana, Firenze e Barga per rendergli simbolicamente omaggio e conoscere i luoghi da lui tanto amati. L’idea è venuta un anno fa al Presidente del CAI di Firenze Alfio Ciabatti, visto che Fosco era socio della sezione. Subito è stata condivisa dal Presidente del CAI di Castelnuovo di Garfagnana Ottavio Baisi e dal suo gruppo. Vale davvero la pena raccontare questi due giorni all’insegna dell’amicizia e della scoperta di storie, uomini, cime e abissi.
Sabato 23 giugno si è percorso un suggestivo sentiero in dolce salita tra rigogliosi castagneti: dopo l’abitato dell’ Alpe di S. Antonio, il gruppo di 23 partecipanti con i rispettivi Presidenti delle diverse sezioni, è giunto presso il piccolo cimitero affacciato sulla Pania Secca delle Alpi Apuane, dove Fosco Maraini riposa in terra tra bandierine tibetane, una croce cristiana e un buddha; poi il gruppo, sempre su sentiero CAI, è passato per Pasquìgliora, una località dove vivevano un tempo poche famiglie di pastori, agricoltori e boscaioli e oggi spopolata, in prossimità della quale, isolato e selvatico, si erge il rustico pieno di libri e di gerani dove Fosco si ritirava d’estate con sua seconda moglie giapponese Mieko; infine da Colle Panestra a Piglionico, prendendo il sentiero fino a Colle delle Panie, si è proseguito in cresta e il gruppetto si è allora diviso: alcuni sono saliti in cima a Pania della Croce (m. 1858) con una vista mozzafiato fino al mare, altri sul lato opposto a Pania Secca (m. 1709), più morbida nel profilo ma selvaggia nel percorso, tra pietre ed erba d’alta quota verde-gialla. I gruppi si sono infine ricongiunti per una birra e un caffè insieme allo storico rifugio Enrico Rossi (m. 1609, costruito nel 1923), per poi ridiscendere soddisfatti a valle.
Abbiamo visto e camminato sulla bellezza delle Apuane, quelle che Fosco chiamava le vette della rivelazione perenne per quanto erano inconfondibili quando al tramonto si accendevano di rosso e all’alba si tingevano di rosa. Leonardo le ha tracciate nei disegni con la prospettiva aerea, poi la loro stratificazione l’ha dipinta nella Vergine delle rocce, oggi al Louvre.
E’ stata l’occasione per parlare tra noi di Fosco Maraini e dei suoi molteplici interessi, alcuni non conoscevano questo protagonista delle culture del mondo, appartato e ironico. Mi giravano nella testa le sue fotografie di montagne, dalle Dolomiti alle Apuane, al Tibet, una foto più bella dell’altra che vorrei rivedere raccolte in un libro di grande formato. Altrimenti la memoria si perde, e questi personaggi di un’Italia che fu, oggi più che mai hanno bisogno di essere ricordati, riletti, ammirati come esempio. Mi venivano in mente alcune folgorazioni distaccate nelle frasi dei suoi scritti, ma anche la sua storia avventurosa, unica: ci vorrebbe un film per raccontarla ai giovani. Ripensavo anche alla sua bellezza di uomo e alle parole che un giorno mi disse Dacia, sua figlia, la famosa scrittrice: “Fosco, come non innamorarsene?”. A Milano un giorno ebbi la fortuna di vedere archiviati nelle bustine i provini di foto minimali in bianco e nero che Fosco Maraini scattò alla Montagna di luce, il Gasherbrum IV, durante la celebre spedizione – a cui partecipò – al quasi Ottomila nelle Montagne del Baltoro, in Karakorum. Sono conservate in una cassa di legno alla Cineteca del CAI di Milano e pregai allora di farne le scansioni per la conservazione: questi ed altri patrimoni vanno tutelati e trasmessi alle future generazioni. Ripensai anche al privilegio di vedere l’album di foto della sua prima moglie Topazia Alliata che arrampicava con lui, giovane, meravigliosamente coraggiosa e forte, sui Cadin di Misurina. Topazia, pittrice e gallerista, una donna molto bella che a novant’anni conservava lucidità e fascino, mi aprì la sua casa romana insieme all’altra sua figlia Toni Maraini, esperta studiosa delle culture del Mediterraneo. Non conobbi invece la secondogenita, la musicista Yuki. Un mondo di donne, affetti, avventure e sofferenze che insieme a Fosco Maraini e alla sua immensità di vedute andrebbe rivisitato perché molto interessante. Le montagne, in questo mondo di donne, non sono sfondo o barriera ma occasione, ispiratrici di conoscenza su altre culture, espressioni artistiche e civiltà. Non a caso la spedizione internazionale nel Sikkim himalayano organizzata in occasione dei 150 anni del CAI nel 2014 allo Zemu Peak e guidata dall’alpinista vicentino Alberto Peruffo, ha voluto dedicare una vetta sconosciuta a Fosco: Cima di Porta Maraini.
(foto https://kanchenzonga.wordpress.com/2015/02/20).
Domenica 24 il gruppo dei camminatori è raddoppiato, tanti soci del CAI sono arrivati dalla Romagna, dalla Liguria e dalla Toscana. Si è percorso un sentiero inedito per molti e premiato di recente, inaugurato un anno fa, il Sentiero speleologico dei Meno Mille sulla Tambura. Grazie al Gruppo speleologico fiorentino del CAI composto da giovani e alla presenza del Gruppo Juniores ‘Pane&Vette’ sempre del CAI di Firenze , si è scoperto il mondo affascinante delle grotte, degli abissi e delle cave. Ovviamente gli escursionisti hanno messo solo il naso negli ingressi delle grotte ma non sono discesi, annusando l’aria ghiaccia, notando alcune grotte armate e leggendo gli utili pannelli esplicativi che illustrano la storia di queste voragini tra le più profonde delle Apuane, tra cui quella della grotta finora più profonda d’Italia, 1320 metri. Il percorso è stato più difficoltoso ma avvincente, davvero nuovo. Lasciata la cava bassa di marmo della Carcaraia, il cammino è proseguito dritto per dritto nel bosco. La difficoltà dell’itinerario è dovuta al fatto che si percorrono aree impervie su sentieri sconnessi con un percorso ad anello classificabile EE (https://www.sentieromenomille.it/it/). Tutti abbiamo poi riflettuto sullo scempio ancora perpetuato nella cava attraversata, in pieno Parco delle Apuane. Il bacino estrattivo che si apre proprio sul passo, e che negli anni ne ha abbassato la quota, è gigantesco e terrificante. Guardando i piani di cava si possono vedere numerosi ingressi intercettati dall’attività estrattiva, si ripensa al David di Michelangelo e a come il prezioso e famoso marmo di Carrara, dalle sfumature dal bianco al grigio, sia ridotto oggi, nostro malgrado, ad alimentare in tutto il mondo la filiera dei rivestimenti dell’edilizia e dell’industria (per esempio, gli sbiancanti).
Andare per monti, sopra e sotto la terra che calpestiamo, è occasione non solo di sport e arricchimento culturale e spirituale. Deve tornare sempre più occasione per riflettere sui concetti di sostenibilità e tutela ambientale. Fosco Maraini fu il primo a parlare di tutela ambientale delle montagne intesa anche come rispetto delle genti che ci vivono (https://www.mountainwilderness.it/etica-e-cultura/fosco-maraini-la-montagna-come-ponte-tra-culture). Ecco perché vale la pena fare esperienza di questi luoghi ancora speciali grazie alle sezioni del CAI che sanno con passione valorizzare i territori.”